giovedì 8 marzo 2012


CAPITOLO 2: TROVARE I SEMI

I semi sono, metaforicamente parlando, le idee da cui germoglierà il racconto breve o lungo che sia; i semi si trovano ovunque, passeggiando per la strada, leggendo l’articolo di un giornale, ascoltando una conversazione, pensando al carattere di una persona, ricordando un’esperienza personale, leggendo un libro, approvando o meno una teoria e così via. Basta saperli cogliere, ascoltare quella vocina interiore che fa scattare l’ispirazione. Un seme germoglierà trovando il terreno fertile dell’ispirazione. Tutto è degno di attenzione, tutto è degno di essere raccontato se si fa bene. Virginia Woolf scrive Al Faro dopo che, mentre attraversava Tavistock Square, pensò al Faro, ricordo della sua infanzia in cui si contrappongono le voci del padre e della madre, il sì materno (sì andremo al faro) e il no paterno (no, al faro non si può andare). Il ricordo dell’esperienza personale, delle voci che popolano la memoria, ricorre anche nel Lessico Famigliare di Natalia Guinzuburg. Leggere in se stessi, trovare i propri conflitti interiori, seguire i cambiamenti della propria personalità. Robert Musil nei Turbamenti del giovane Törless, ha descritto un personaggio molto conflittuale, rifacendosi ad un’esperienza largamente autobiografica. Si pensi ancora a una della opere più autobiografiche di Dostoevskij, Il giocatore, in cui sono le passioni più profonde a muovere i personaggi. Ispirarsi a se stessi non significa scrivere la propria autobiografia, ma animare la narrazione con alcuni episodi ed esperienze a cui si attribuiscono altre voci, altri corpi, si aggiungono altre situazioni altri luoghi ecc. In fondo ogni narrazione è sempre un po’ autobiografica se non altro per i sentimenti che ci legano ai personaggi che creiamo.
E da questo, passiamo al passo immediatamente successivo: PROGETTARE UNA STORIA.
Prima di iniziare a raccontare ( a meno che l’idea migliore venga in corso d’opera), bisogna porsi delle domande sull’oggetto del racconto; per esemplificare useremo schematicamente queste due domande:
che cos’è? = quale messaggio voglio trasmettere
come ? = in che modo trasmetto il messaggio
Il messaggio ovviamente riguarda il tema che come autore scelgo di rappresentare e risponde alle esigenze dell’autore, alle sue scelte personali, al suo modo di indagare la realtà, ai suoi gusti, alle sue esperienze. Nel ciclo dei vinti di Verga, ad esempio, il tema comune è l'indiscussa lotta dell'uomo per l'esistenza e per il progresso, mentre negli Indifferenti di Moravia il tema è rappresentato dalla meschinità e dalle ipocrisie della società borghese.
Il modo in cui trasmetto il messaggio riguarda invece: la trama, la scelta dei personaggi e il genere narrativo che scelgo ( se di genere si tratta).
Per una buona progettazione, vi consiglio di delimitare bene il tema. Già dall’idea iniziale che avete in mente potete scegliere il genere (oppure no) più adatto, e soprattutto, in generale sforzatevi di delimitare il campo di indagine piuttosto che allargarlo.
Quindi ricapitolando: cercate il seme, o tirate fuori quello che avete del cassetto, e ponetevi le prime due domande per la progettazione, in modo da definire all'inizio quello che desiderate ottenere e comunicare.
All'inizio se non avete confidenza con questa elaborazione, fatelo con una sana risata, quasi per gioco, non siate troppo critici verso voi stessi. E' il punto di partenza, e probabilmente molti di voi non sanno come approcciarsi.
Tranquilli, qualunque modo va benissimo, anche i bambini quando iniziano a parlare non sono precisi, vero? E quindi voi che avete da temere?
Nulla.
Scrivere è gioia, divertimento, entrare in un mondo dove voi siete gli artefici di qualsiasi cosa accade.
E ci tengo a sottolinearlo già da questo secondo capitolo, che stavolta pubblicherò per intero: non sono le regole e la loro esecuzione a fare un buono scrittore. Ci vuole altro che comprenderete lungo il viaggio. Ma imparare le regole per essere liberi di dar vita al proprio originale modo di usarle e stravolgerle... beh... è straordinario, e quando vi troverete a metterlo in pratica, mi chiedo se vi succederà come me, di non accorgervene nemmeno.
E io ve lo auguro, perché significa che vi state divertendo e siete presi, appassionati, di quello che scrivete.

mercoledì 7 marzo 2012


CAPITOLO 1 SPECIAL


Bene, ci siamo. Vi ho dato una nota introduttiva, e quindi ora sarebbe carino creare il punto di partenza. Non parlo semplicemente dell'iniziare a scrivere, ma di creare qualcosa di vostro, che alla fine del percorso che state facendo assieme a me, andrete a rivedere per comprendere com'è cambiato il vostro modo di scrivere e come.
E' giusto che ognuno di noi prenda le sue soddisfazioni vero? E cosa c'è di meglio che paragonare il punto di arrivo al punto d'inizio e poter dire, “Ma Caspita! Ho fatto un ottimo lavoro!”?
Iniziamo da qualcosa di semplice, ma niente affatto scontato: se vi cade una statuetta a terra, o un vaso, e se è un bell'oggetto – e scrivere lo è – farete la cosa più ovvia del mondo: lo raccoglierete, guarderete com'è fatto e dove si è rotto, e nel ricostruirlo, farete attenzione a far combaciare i punti di saldatura.
Ebbene... prendiamo un libro che ci piace, e proviamo a descrivere gli elementi che ce lo rendono così caro, che creano quel cocktail magico che ci ha tenuti incollati dall'inizio alla fine: analisi dello stile, scelta del lessico, punto di vista adottato, (più avanti vi spiego un paio di cosucce, intanto fate caso se il narratore è in prima persona singolare, o in terza persona),colpi di scena, anticipazioni o foreshadowing ecc...
Ma potete anche fermarmi e dire la prima cosa che vi viene in mente per cui vi piace: va benissimo, in questo modo riuscirete a capire cosa ha toccato lo scrittore della vostra emotività.
E ad appropriarvi di quella particolare capacità una volta individuata.
Se avete dubbi, consigli, incertezze di viaggio, mi trovate su asgar77@libero.it.
A disposizione.
Buon lavoro!!!

martedì 6 marzo 2012


L'IMPORTANZA DI RIDERE

Riuscire a ridere è molto importante: ci aiuta a superare situazioni difficili, anche di salute.
Un esempio classico spesso citato è quello di Norman Cousins, giornalista e ricercatore della facoltà di Medicina dell'UCLA (USA), che curò la propria malattia utilizzando anche gli effetti del ridere, come racconta nel suo libro (NORMAN COUSINS, La volontà di guarire: Anatomia di una malattia, Trad. it. Stefania Panni Lariccia, Roma 1982), e che è diventato l'emblema, anche nella medicina tradizionale, di uno dei tanti risultati positivi ottenuti attraverso il ridere.
Secondo la dott.ssa Jane Yip, psicologa e ricercatrice australiana, ridere: “….è l’inizio di un progetto sociale che porterà alla pace, con un potenziale per unire il mondo che non tiene conto della razza, del sesso, della classe sociale o dell’affiliazione politica o del credo religioso, in quanto si ride tutti allo stesso modo”.
Con la terapia della risata si sta attivando un nuovo ramo della psicologia sociale, dove si cerca di promuovere degli interventi per migliorare la salute e la consapevolezza nei gruppi - una nuova area di intervento per un mondo stressato.
Dalla seconda metà del secolo scorso sono state condotte e continuano a prodursi numerose ricerche sui benefici della risata. È stato provato che ridere ha un impatto positivo sull’organismo sotto diversi punti di vista, sia fisici che psichici.
In diverse sessioni-pillola ne vedremo alcune.
Per ora iniziamo con uno dei mali che la risata cura in modo molto efficace.

Ridere come anti-stress e anti-depressivo


A livello fisico ridere fa aumentare la produzione di quegli ormoni, come l’adrenalina e la dopamina, che hanno il compito di liberare le nostre morfine naturali: endorfine, encefaline e simili.
Le endorfine provocano una diminuzione del dolore e della tensione fisica, permettendo il raggiungimento di uno stato di rilassamento e serenità.
Le encefaline esaltano il sistema immunitario, stimolando una maggiore produzione di anticorpi; il Center of Public Health di Loma Linda, in California, ha riscontrato un netto incremento di molti parametri neuroimmunologici dopo l'esposizione a situazioni umoristiche.
La risata amplifica la produzione di serotonina, un antideprimente naturale, riducendo la secrezione di ormoni da stress come il cortisolo e l’epinefrina (adrenalina) in seguito alle quali la pressione sanguigna ed i livelli di glucosio aumentano, danneggiando i vasi sanguigni.
Il dott. I.Wittstein della John Hopkins University sostiene che l'adrenalina è devastante per il cuore, e può provocare una condizione detta cardiomiopatia da stress (simile ad un attacco di cuore).
La risata, stimolando la produzione di betaendorfine (analgesici prodotti dall’organismo), protegge dallo stress e dalle sue conseguenze, svolgendo una vera e propria funzione di antidoto.
Ridere combatte la debolezza fisica e mentale. Provocando una diminuzione degli effetti nocivi dello stress e degli stati di ansia e depressione, contribuisce a combattere efficacemente anche l'insonnia.

CAPITOLO 1/2 :SAPER SCRIVERE


Ci sono diversi approcci riguardo lo scrivere, e questi approcci sono determinati dalla personalità dello scrittore: c'è chi diviene severo editor di se stesso, e non inizia a scrivere se prima non programmata tutta la storia, e c’è lo spirito libero, che scrive di getto tutto ciò che gli viene in mente.
In una prima fase, soprattutto quando non si ha grande esperienza degli strumenti del mestiere, è opportuno lasciarsi andare e fare successivamente un buon lavoro di revisione (che comunque è inevitabile).
Come accennato nel capitolo 1, all'inizio c'è l'idea, quell'immagine che è caricata di tutta una serie di contenuti e potenzialità, ed essa è molto importante: mai farsela scappare.
Ma oltre a ciò è importante la motivazione. Essa è la leva che ci occorre per il raggiungimento dello scopo, e anche se sembra scontato, occorre essere sinceri con se stessi e chiedersi se si sente veramente il desiderio di scrivere.
Non meno importante è trovare l'ambiente giusto per la scrittura. Si può scrivere ovunque e sempre, ci sono scrittori che non possono fare a meno di portare con sé un block notes prima di uscire, chi come me usa il cellulare o altri mezzi tecnologici e meno ingombranti, e poi c’è chi ama scrivere in completa solitudine, chi ama sentire parlare intorno a sé, chi usa una certa musica di sottofondo per creare un'ambientazione più nitida per la scena che si accinge a scrivere. La scelta è davvero infinita e del tutto personale.
Ma ciò che conta di più per uno scrittore è scrivere regolarmente, leggere, tradurre. Scrivere e leggere sono operazioni necessarie: il conoscere la tecnica utilizzata dagli altri, imitarla, studiarla, smontarla e rimontarla a proprio piacimento, il divenire critici della scrittura, aiuta successivamente ad essere critici nei confronti di se stessi. E poi naturalmente esercitarsi in maniera costante.
E ora veniamo a uno dei piccoli flagelli dello scrittore... è meno tragico di quello che sembra... se si sa come affrontarlo. Stiamo parlando del blocco dello scrittore.
Quello che posso suggerire e che dicono anche in molti, si riduce a pochi suggerimenti:
- Giocare con le parole sconvolgendo l’ordine della grammatica (ricorrere alle zeppe ed altri giochi simili)
- Concentrarsi su un singolo oggetto, una persona, un ambiente e cominciare a descriverli
- Usare una qualunque parola d’avvio
- Non preoccuparsi subito del risultato finale
- Non avere né ansia né fretta.
Bene, questa è la fine dell'introduzione. Dal prossimo ragazzi, si passa al vivo della questione.

domenica 4 marzo 2012


CAPITOLO 1/1: SAPER SCRIVERE

Che cosa significa?
Non è affatto scontato, credetemi. Penso che in linea di massima ognuno di noi sappia scrivere più o meno correttamente, ma parlando di scrittura creativa, l'affermazione saper scrivere, non riguarda quello che chiunque potrebbe comprendere da quest'affermazione.
Se passiamo una serata fuori, e magari c'è qualcuno su un palco che legge poesie d'autore, ci troveremo a notare che spesso essa è affidata a persone che non solo sanno leggere, ma lo fanno in un certo modo. Una poesia letta ad un pubblico da una persona qualsiasi, certamente avrà un certo ritmo, stabilito dall'autore mediante la punteggiatura. E questo permette alle persone di leggerla con senso compiuto, ma una persona che conosce in modo più approfondito l'arte di leggere ad altre persone, riuscirà a trasmettere il sentimento, l'intento tra le righe dell'autore, dando nuovo impulso alla parola scritta, e facendone veicolo di emozione.
Saper scrivere poesie, racconti e romanzi segue la stessa regola di base: emozionare, lasciare che chi legge intraveda un mondo a parte, che lo possa avvertire tra le righe.
E come riuscirci?
Esistono delle tecniche molto raffinate e anche molto semplici a dire il vero. Ma partiamo dall'inizio... ogni storia parte dall'inizio, sia che voi la leggiate o la scriviate.
E allora immaginate una selva intricata, un enorme portone di legno e il suo scricchiolare mentre si apre. Una lama di luce cade a terra, e l'aria che all'improvviso è pervasa da un profumo dolce e invitante.
La apriamo questa porta? Bene, poggia la mano sul legno lavorato e spesso, spingila con me, e seguimi.
Che cos'è la creatività nel vostro immaginario? Un fiume in piena senza controllo che quando esplode si apre la strada con la forza di una calamità?
Ebbene, nonostante numerosi esempi di scrittori del passato che iniziavano a scrivere e che magari in un giorno di lavoro tiravano fuori un capolavoro, devo subito mettervi sull'avviso che questo non è la regola.
Nonostante la prima ispirazione, mediante la quale potreste abbozzare la storia, il mondo interiore che sta attirando la vostra attenzione,  per essere comunicato a un'altra persona o letto correttamente da voi stessi, ha bisogno di accortezze: è un procedimento logico, in cui possiamo individuare fasi, tecniche e atteggiamenti.
Chi di voi dovendo cuocere un uovo in padella, prende una padella, ci sguscia l'uovo dentro e lo mette sul fuoco? E' risaputo che prima bisogna prendere la padella, mettere un filo di olio, farla scaldare, e poi mettere l'uovo sgusciato, salarlo, farlo cuore a fuoco moderato.
Sono molte azioni che vi permettono non solo di cucinare qualcosa di buono, ma di farlo bene, di creare qualcosa di gustoso, di farlo con sapienza.
Possedere talento non significa non avere bisogno di coltivarlo e indirizzarlo.
E a volte accade di non sapere nemmeno di avere determinate qualità... finché non ci si mette alla prova.
La scrittura creativa è un’attività che coinvolge tutta la dinamica del pensiero, stimolando quella intuitiva e quella razionale della mente. Lo scrittore richiama alla mente immagini , pensieri, parole e poi le trascrive in un preciso linguaggio: quello attraverso cui si trasmettono le emozioni.
Questo modo di esprimersi varia da persona a persona, è una cornice personale: qualsiasi tipologia narrativa sceglierete per scrivere, emergerà sempre la vostra voce, il vostro modo di vedere, la vostra personalità.
Ma tutto questo va sviluppato.
Quindi per lo scrittore è necessario conoscere il linguaggio di base e i meccanismi che lo animano, anche se nessun linguaggio artistico è in grado di restituire nella sua interezza e complessità il sistema dei segni che forma l’immaginario umano. Ed è qui che subentra sia la vostra personalità (ad esempio quello che notate quando camminate per strada o mentre parlate con qualcuno: non tutti ci soffermiamo sulle stesse cose, e per questo le stesse ambientazioni fatte da persone diverse, avranno due identità completamente a sé stanti.)Quindi, è evidente che lo scrittore non scrive in uno stato di ipnosi e guidato dall’ispirazione, ma dopo l’illuminazione iniziale, (trascritta e salvata sulle bozze dei messaggi del telefonino: lo ammetto, mi capita spesso...), il lavoro si fa sempre meno accidentale.
La scrittura comincia a prendere il sopravvento sullo scrittore come se avesse vita a sé.

 
LA SCRITTURA CREATIVA


Che cos'è?
E' un modo di scrivere particolare, non legato alle normali esigenze di tutti i giorni: non è il bigliettino affettuoso che lasciamo al nostro lui, non è il messaggio per il compagno di classe, il tema di scuola, la lettera commerciale.
La scrittura creativa è arte, è un mezzo di comunicazione potentissimo mediante cui qualsiasi persona può aprire la porta del suo interiore, e donarlo al mondo.
Perché scrivere? Cosa c'è in cambio di un atto che a volte agli occhi di chi non padroneggia la lingua scritta, appare così insulso?
Soddisfazione, gioia, il veder nascere dal proprio interno un mondo interiore che non credevamo di avere in quel cassetto, e che è denso di fatti, persone, cose, avvenimenti emozionanti.
Come avviene per un pittore o un musicista, lo scrittore mette se stesso e le sue sensazioni in quello che crea... ma non ha i colori del pittore per mostrare i chiaroscuri, e nemmeno il suono di uno strumento, che usato sapientemente, riesce a rendere diverse sfumature di emozione.
Eppure fare scrittura creativa, e farla bene, significa riuscire a condividere un sogno e far entrare una persona qualsiasi nel nostro mondo.
Scrivere in generale, e in modo comprensibile, comporta seguire delle regole, e per la scrittura creativa ce ne sono di maggiori, più sottili, che sapientemente usate riescono a valorizzare un lavoro, un nostro pensiero.
Non trovate straordinaria la possibilità non solo di far emergere il mondo interiore che avete dentro, e non solo di farlo in modo eccellente?
La definizione di scrittura creativa nasce proprio da questo: dall'esigenza di individuare questo tipo di disciplina e di conseguenza, poter dare a chi è interessato quello che cerca per esprimersi al meglio delle proprie possibilità.
E prossimamente vi darò qualche indicazione in merito a delle tecniche specifiche.
Detto questo, non posso che augurare buona scrittura a tutti!


LA CATTIVA ALIMENTAZIONE


Umberto Veronesi, ex ministro della salute e attuale direttore scientifico dell'Istituto Europeo di Oncologia, nel corso di un intervento ad un convegno organizzato dal ministero dell'ambiente ha dichiarato che “fa più morti di un tumore la cattiva alimentazione”.
Il fatto che molti siano convinti del contrario è la prova di quanto sia diffusa la cattiva informazione in materia scientifica e ambientale.
Le percentuali secondo Veronesi parlano chiaro:
  • l'inquinamento è responsabile dall'1 al 4% dei tumori;
  • l'alimentazione è responsabile del 30% dei tumori.
Dichiarazioni decisamente contro corrente rispetto agli allarmi sullo smog, ma decisamente autorevoli, visto che a pronunciarle è stata una delle massime autorità mondiali nel campo della ricerca oncologica.
Concludendo sui rischi del cancro, Veronesi ha specificato che i veri pericoli, più che nei tubi di scarico delle automobili, sono nascosti nei preoccupanti livelli di aflatossine e micotossine cancerogene presenti negli alimenti:
La sovralimentazione, tipica dei paesi occidentali, provoca l'immissione nell'organismo di molti alimenti cancerogeni. Primi fra tutti le micotossine derivanti dalle muffe, tra le quali la più pericolosa è l'aflatossina B1”.
Ora vi chiederete: qual'è la ricetta di Veronesi per prevenire il cancro?
SEGUIRE UN'ALIMENTAZIONE CORRETTA, con un ridotto consumo di carne e assicurando la giusta quantità di fibre e vitamine dalle fonti vegetali.
A sostegno delle sue tesi sulla ricetta anti-cancro, ci sono gli studi e le ricerche del Dr. David Heber – Direttore del Centro per la Nutrizione Umana presso l'Università UCLA di Los Angeles – alle quali Umberto veronesi fa preciso riferimento in un suo articolo sul tema della PREVENZIONE DEI TUMORI, pubblicato sul settimanale L'Espresso del 1° Febbraio 2007.

sabato 3 marzo 2012


EMERGENZA GIOVANI

Perché sempre più ragazzi finiscono nelle prime pagine di giornali a causa di stupri, rapine, delitti, omicidi?
Qual'è la molla che all'improvviso è scattata a livello societario, dando il via a questo meccanismo mostruoso, in cui gli adolescenti odierni, non hanno nulla a che fare con quello che eravamo noi alcuni anni fa?
Ricordate che magari la cosa più grave che accadeva erano litigi stupidi che dopo qualche anno potevano essere valutati con una bella risata?
Ma nessuno di noi si sarebbe mai sognato di derubare una vecchietta, o fare altri atti contro quello che ci era stato insegnato dai nostri genitori: la nostra ribellione era un metterci in mostra piuttosto innocuo, che non causava danni alle persone, e anche quando avvenivano litigi, non sfociava in risse a mano armata, o se accadeva, era molto raro. Tutto era concentrato in una richiesta di rispetto che nasceva da altri meccanismi, meno cruenti. E allora, all'improvviso, cos'è cambiato?
I ragazzi di ora non hanno visto la guerra, non hanno patito la fame, non hanno avuto gravi carenze materiali...
Ma...
Sono figli di un nuovo bene molto raro, che crea profondo disagio e grande senso di abbandono: la mancanza dell'attenzione e a volte della guida concreta di un genitore.
A livello societario prima si stava piuttosto bene economicamente, e questo permetteva una cosa importante: bastava il lavoro del marito a mantenere la famiglia, e questo significava una vita dignitosa, e una madre sempre accanto ai figli, che li guidava passo passo, senza subire le ansie della società in corsa che c'è ora.
Significava che i figli avevano una guida, un punto di riferimento, un adulto sotto gli occhi da emulare, e da cui prendere esempio come modo di vivere, di agire.
Difatti ogni persona è la somma di quello che ha vissuto, delle sue esperienze e reazioni ai fatti, e detto questo, c'è bisogno di una precisazione: un ragazzo che impugna il coltello in strada non credo che abbia un padre che fa altrettanto in casa, non così spesso.
Un ragazzo che scatena la sua aggressività con questi atti eclatanti, è ancora una volta un bambino che non si è sentito amato, e che attrae con quell'atto non solo l'attenzione dei suoi genitori, ma anche quella della società, ed il messaggio è chiaro, “Io sono forte, visto? Di voi non me ne faccio nulla.”
Mentre magari, dentro di loro, sono furibondi perché non desiderano altro che amore e attenzioni, e non solo quando fanno qualcosa di male, ma anche quando riescono a fare del buono, e questo perché tutti hanno bisogno di esistere perché sono capaci di fare qualcosa di buono.
Forse tutto questo avviene perché si è passati dal controllo forse asfissiante che c'era su di noi da bambini, al lasciare i ragazzi a se stessi, pensando di fare qualcosa di migliore per loro, perché noi stessi desideravamo più libertà... e poi i ragazzi di oggi sono più intelligenti, non hanno bisogno di certe attenzioni.
In realtà c'è da cercare e trovare un equilibrio, e soprattutto insegnare ai figli quella capacità di chiedere amore nel modo giusto. E allora la cornice sarebbe diversa, non avremmo più un quadro tarlato e rovinato, ma un legno lavorato sapientemente, pregiato, all'interno del quale non può nascere altro che un capolavoro.
C'è da rifletterci. Vero?





PNL ED EVOLUZIONE DELL'UOMO

Sempre più spesso, per motivi di lavoro o personali, molte persone partecipano a corsi di Pnl: programmazione neuro linguistica.
Ma che cos'è la Pnl? Che applicazioni ha? Come mai quest'improvvisa esigenza delle persone e del mercato?
La Pnl è una disciplina caratterizzata dal desiderio di conoscere e capire quali tipi di comunicazione influenzano gli altri, e che guarda alla vita come una rara opportunità di apprendere.
Questa metodologia è basata sul principio che ogni comportamento ha una struttura, e che essa può essere estrapolata, insegnata e anche cambiata.
Tutto questo ha un unico scopo: identificare strategie efficaci di pensiero, che possono essere assunte e utilizzate da chiunque lo desideri.
Molte volte accade che ci sia un reale desiderio di divenire superiori e migliorare se stessi, sia nel campo affettivo che professionale, ma che questo desiderio non riesca a concretizzarsi perché mancano delle basi concrete al modo di agire o di pensare.
Qui parliamo soprattutto del pensare: la Pnl infatti sostiene che l'uomo ha diversi modi di percepire la stessa situazione, e che in questo risiede la causa del suo successo o insuccesso.
A titolo di esempio, se una persona desidera dimagrire, potrà dire a se stesso “Non voglio essere più grasso” e in questo caso andrà a visualizzare la sua immagine nel momento in cui inizia la dieta, se non peggio: se stesso ancora più grasso e ributtante. Al contrario iniziare lo stesso percorso con intento positivo, significa dire, “Voglio essere più magro”. In questo caso la visualizzazione sarà concentrata su qualcosa di positivo, su un punto di arrivo fantastico e desiderato. Questo significa ammettere che dentro l'esteriorità attuale, c'è anche qualcosa che con un po' di impegno si può tirare fuori, e quello che conta, è che quel qualcosa ci piace molto: la persona con giusto atteggiamento positivo desidera poter tirare fuori quell'immagine di sé migliore e si metterà all'opera molto più volentieri rispetto all'esempio della prima frase.
E questo non è che l'inizio di tante innumerevoli applicazioni e sfaccettature che possono essere migliorate e imparate, a beneficio delle persone e del modo in cui gestiscono la loro vita.
MONTY ROBERTS

E' famoso in tutto il mondo come “ L’uomo che ascolta i cavalli” – dal titolo della sua autobiografia, che è diventata un bestseller mondiale. Ha iniziato molto presto a occuparsi di cavalli, e ha vinto otto volte il titolo di campione del mondo in rodeo, per cento volte ha arbitrato nelle mostre e nel 1988 il National Reined Cow Horse Associotion gli ha assegnato il titolo di Uomo dell’Anno. Roberts deve il successo della sua collaborazione con i cavalli soprattutto al metodo di addestramento privo di violenza – chiamato Join-Up® – che consiste nel comunicare con i cavalli utilizzando il loro stesso linguaggio non verbale ma fatto di gesti, chiamato EQUUS. Monty Roberts, Man Who Listens, Join-Up, Flag Is Up, Wild mustangs
A partire dagli anni 90, Monty Roberts finalmente inizia a perseguire quello che è il suo vero scopo, ossia divulgare la sua tecnica di doma dolce, e lo fa durante le manifestazioni in tutto il mondo. Infatti leggendo la sua autobiografia, si evince l'amore profondo che lo lega a questi animali, e che in diverse fasi della sua vita, lo porterà a contrapporsi in modo deciso a coloro che non la pensano come lui... e con il garbo e la gentilezza che lo distinguono, a riportare su queste persone una vittoria schiacciante.
Uno degli eventi più eclatanti, è il momento in cui presenta la sua tecnica anche a Sua Maestà la Regina Elisabetta II a Windsor, durante la Mostra Reale di Cavalli e anche negli Ippodromi Reali ad Ascot.
Dopo questo successo (1989), visita regolarmente il Regno Unito su invito di Sua Maestà. È stato anche ospite in occasione della celebrazione del giubileo d’oro della regina. Il punto culminante di questa visita è stata la mostra spettacolare con la partecipazione di 1000 cavalli e 2000 ospiti.
Roberts ha finito gli studi universitari presso L’Hartnell College in California con ottimi voti, specializzandosi in scienze agrarie e zoologiche; poi ha studiato presso l’Università Statale di San Luis Obispo in California, dove ha conseguito con lode le specializzazioni in scienze zoologiche, scienze biologiche (fra cui anche psicologia) e commercio agrario. Nell’ aprile del 2002 ha ricevuto il titolo di dottore Honoris Causa presso l’Università di Zurigo nel campo dell’etologia, dopo che due professori dell’Università avevano studiato approfonditamente per due anni il suo lavoro.
Tra l’altro, nel maggio del 2002 la CIA gli ha assegnato un certificato di riconoscimento per merito per il lavoro sulla macchina della verità. I corsi di Monty Roberts sono tenuti in grande considerazione non solo da parte delle grandi corporazioni ma anche da uffici pubblici, in primis la Casa Bianca. Le esperienze che Roberts ha acquistato osservando i cavalli e ottenendo la loro fiducia danno risultati anche nell’ambito dei rapporti interpersonali.
Nonostante la sua agenda sia piena, Roberts è anche l’autore di tre bestseller mondiali: “The Man Who Listens to Horses”, “Shy Boy: The Horse That Came In From the Wild”, e “Horse Sense for People”. Nel suo nuovissimo libro “From My Hands to Yours” Roberts condivide con i lettori tutta la sua singolare esperienza, cioè il suo patrimonio. Nel ramo della propria attività d’affari, Monty Roberts tiene corsi di addestramento con la tecnica del Join-Up® per appassionati di cavalli e per le aziende della lista Fortune 500. Ha fondato anche l’istituzione non-profit – Monty Roberts International Learning Center – con l’intento di insegnare le sue teorie agli uomini di tutto il mondo. Grazie alle dimostrazioni in pubblico Roberts ha raccolto più di 1,6 milioni di dollari che ha poi destinato a innumerevoli istituzioni di beneficenza. Nel 1988 l’”Organizzazione Americana per la Lotta Contro la Violenza sugli Animali” ha premiato Monty Roberts per “la sua complessa dedizione al lavoro per il bene degli animali”
Oggi Roberts dirige una florida azienda. Nel corso dell’ultimo anno e mezzo più di 200 mila spettatori hanno assistito alle sue dimostrazioni in Australia, Canada, Dubai, Germania, Italia, Nuova Zelanda, Svizzera, Regno Unito e Stati Uniti. Attualmente Monty Roberts abita con sua moglie Pat nel ranch “Flag is Up Farms” a Solvang in California, dove instancabilmente realizza la sua missione: lasciare un mondo migliore di quello che ha trovato – per i cavalli e per gli uomini.

venerdì 2 marzo 2012

ASSOCIAZIONE ONLUS: "HORSE ANGELS"DIFESA DEI CAVALLI

Ancora poco conosciuti, sono un'associazione che si occupa proteggere i cavalli che non sono più in grado di gareggiare o di “procurarsi il pane” nei maneggi.

Ciò che questi volontari promuovono con la loro iniziativa sostenuta da persone che credono in loro, e non dallo Stato, è il creare un mondo dove i cavalli siano rispettati per il loro valore: non tutti infatti sanno che il cavallo non è solo un mezzo per vincere una gara o guadagnare soldi in un maneggio, ma è anche e soprattutto un'animale molto empatico, che riesce ad aiutare l'uomo spiritualmente, fisicamente ed emotivamente... se solo l'uomo glielo permette e si ferma a osservarlo, capirlo, ascoltarlo.

 

Ma purtroppo non tutti danno a questo animale maestoso e generoso il trattamento che merita, e una volta infortunato in gara, inutilizzabile per la competizione, troppo vecchio per lavorare,  malato, o peggio ancora sdomo, ecco che si crea lo stato di emergenza in cui gli horse angels entrano in gioco: mediante questa associazione è possibile salvarli, dare loro una vecchiaia dignitosa, anche per il rispetto delle attività svolte per l'uomo quando erano in forze, e questo avviene mediante l'adozione, in qualità spesso di animale di compagnia.

La battaglia più importante che di recente stanno svolgendo questi volontari, riguarda la macellazione clandestina: i cavalli da ippica all'80% non possono essere “smaltiti” così a fine carriera, e questo perché sottoposti a trattamenti farmacologici che li rendono, anche a livello di documentazione, non idonei a divenire “carne da piatto”.

Eppure la recente tendenza è che il cavallo si perde, che si smarriscono i documenti attestanti determinate condizioni che lo dichiarano non idoneo alla macellazione... e questo tutto a discapito della tutela dei consumatori di carne equina, che in questo modo non hanno la garanzia di una filiera che attesti la sicurezza su quello che stanno mangiando.